Non ci hanno visto arrivare by Lisa Levenstein

Non ci hanno visto arrivare by Lisa Levenstein

autore:Lisa Levenstein [Levenstein, Lisa]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2024-01-25T12:00:00+00:00


a. Si tratta di un gioco di parole sull’assonanza tra NAFTA e il termine shaft, grossomodo traducibile come «Tradite il NAFTA». (NdT)

IX

Le comunità di cuori: SisterSong, SONG e INCITE!

La giustizia sociale «era nel DNA della mia famiglia da generazioni», ricorderà Beth Richie. L’attiva partecipazione dei genitori al movimento per i diritti civili, infatti, era stata per lei un modello. «L’attivismo nei movimenti sociali mi ha accompagnata per tutta la vita … dalle elementari fino alla laurea» dirà. «Era… un percorso molto naturale … l’unico che io abbia mai conosciuto.»1

All’inizio degli anni Ottanta, Richie accettò un impiego come assistente sociale in una clinica di quartiere ad Harlem, perché era stata attratta dall’approccio della struttura, che considerava le cure mediche un tema di giustizia etnica ed economica, proprio come la questione degli alloggi e dell’istruzione. Con il passare del tempo, però, si accorse che la gamma di servizi offerti dalla clinica non era completa: in particolare, cominciò a chiedersi se non potessero fare di più per contrastare la violenza domestica, dato che molte delle donne che si rivolgevano a lei erano intrappolate in relazioni abusanti.2

Colpita dalla portata del problema, Richie fondò un gruppo di sostegno per vittime di violenza domestica alla clinica e iniziò a partecipare a incontri e conferenze con le femministe che stavano aprendo rifugi e linee d’emergenza a New York e in altre città del paese. Era impressionata dalle analisi delle femministe bianche su come i sistemi patriarcali incoraggiassero e tollerassero l’abuso sessuale e domestico, e si sentiva ispirata dalle altre donne di colore che, sul campo, facevano rete con le attiviste bianche e si organizzavano in modo indipendente.3 Queste attiviste sottolineavano come la povertà e il razzismo dessero forma alla violenza privata e mettevano in luce la riluttanza delle vittime a cercare aiuto da un sistema giudiziario che consideravano razzista. Sebbene le donne bianche non prestassero ancora molta attenzione a tali istanze, le donne di colore non perdevano l’ottimismo: erano convinte infatti che, quanto più avrebbero condiviso le proprie idee, tanto più le colleghe bianche avrebbero imparato. Avevano poi lo stesso atteggiamento nei confronti degli uomini con cui lavoravano nelle organizzazioni per la giustizia sociale. Forse ingenuamente, rifletterà Richie, «ci aspettavamo che le persone che consideravamo “naturali” alleate per la giustizia sociale avrebbero accolto i nostri sforzi con entusiasmo».4

Il messaggio sembrava ovvio: sessismo e razzismo plasmavano gli abusi domestici e sessuali, pertanto la violenza contro le donne era al contempo un tema femminista e di diritti civili. Con loro grande sorpresa, né gli uomini né le donne bianche accettavano questa tesi. Gli uomini continuavano a ripetere che la violenza privata aveva poco a che fare con la giustizia etnica e le donne rifiutavano di considerare il razzismo come un fattore determinante nei maltrattamenti. Il titolo di un libro di testo seminale dei women’s studies riassumeva alla perfezione questo dilemma: All the Women Are White, All the Blacks Are Men, But Some of Us Are Brave (Tutte le donne sono bianche, tutti i neri sono uomini, ma alcuni di noi sono coraggiosi).



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